Un esempio fra tanti, qualche giorno fa, in Coppa Italia. Si gioca Cagliari-Perugia, poco dopo la mezz’ora gli umbri pareggiano l’effimero 1-0 dei sardi, segna Federico Melchiorri, professione attaccante, ex di turno. Segna, ciò significa che fa bene il suo mestiere, ciò per il quale è pagato. Non esulta. Di più: pochi secondi più tardi, con la palla al centro, alza braccia e mani in segno di scusa. Ma fatela finita, su.
Melchiorri è uno dei tanti, qui è il pretesto, non il centro del discorso. Perché mai esultare per avere fatto bene il proprio mestiere (ricordate Galeano? «Il gol è l’orgasmo del calcio», scrisse, e da quando si chiede scusa per un orgasmo?) dovrebbe essere considerato una mancanza di rispetto per i tifosi avversari? Tutt’altro: è innanzitutto rispetto per i propri e, se fatto senza teatro e senza sfottere, anche degli ex tifosi in fondo. Questo è lo sport, questo dovrebbe essere il calcio.
Invece siamo ancora qui – perché noi giornalisti non siamo affatto meglio – a chiedere a ogni ex la classica e stupidissima domanda che cerca il titolo facile e la polemica, la buccia di banana per andare alla pancia del tifo se la risposta è quella sbagliata. Tipo questa domanda a Dybala, nel corso della presentazione quale nuovo giocatore della Roma. Testuale: «Se ti capiterà di segnare, pensi che esulterai?».