di Andrea Koveos
Chi, nell’antichità, voleva partecipare ai Giochi Olimpici doveva iscriversi qualche tempo prima e prestare un giuramento che conteneva fra le altre cose, l’assicurazione di essersi ben allenato per almeno dieci mesi prima, oltre che la promessa di non commettere alcuna slealtà. Secondo Pindaro, l’Olimpiade durava cinque giorni facendo bene attenzione che il giorno greco durava dal tramonto al tramonto. In questo periodo qualsiasi tipo di conflitto era sospeso, già a partire da alcune settimane prima dell’inizio delle competizioni. I tre portatori della tregua di Zeus partivano per annunciare la sacra tregua a tutti gli Stati della Grecia e per invitarli alla festa. Tutti i partecipanti e i visitatori anche di ritorno dai Giochi godevano della protezione delle autorità e nessuno poteva portare armi all’interno del luogo sacro. Spettatori di ogni classe sociale, poeti, filosofi, tiranni, contadini e pescatori, tutti si incontravano a Olimpia.
Nel primo giorno della festa si svolgevano i preparativi e i sacrifici. Non si disputavano gare, tranne quelle per gli araldi e i trombettieri. Il giorno seguente nello stadio e nell’ippodromo si svolgevano le prime competizioni. Iniziavano la mattina presto e duravano fino a tardi. Non c’erano posti a sedere per gli spettatori che potevano sostare dietro il recinto dello stadio o sui fianchi della collina di Crono.
Ma il tifo non mancava: il pubblico gridava e acclamava i propri favoriti, nell’eccitazione potevano perfino abbracciare i loro vicini per la gioia. La mattinata dell’ultimo giorno era interamente occupata dalle tre corse: 200, 400 metri e il mezzo fondo di circa 5 chilometri. L’ultimo pomeriggio arrivava la lotta, il pugilato e il pancrazio. Tutte queste discipline erano violente senza distinzione di peso e senza tempo. Non sorprende che la perdita di sangue fosse il danno minimo, dato che la morte, in questo caso, doveva essere messa in conto.
Un suono di tromba dava inizio a ogni gar…