di Antonella Bellutti
La parola «sport» non esiste nella nostra Costituzione; l’unico richiamo è all’art. 117 in materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Ciò nonostante il significato del fenomeno sportivo inteso come esperienza essenziale per la vita e il progresso umano – e quindi il diritto allo sport – si inserisce implicitamente nella logica costituzionale. In particolare si collega alla tutela del diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 e al principio di uguaglianza dei cittadini dell’articolo 3 che assegna ai nostri governanti il compito di «rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona …». Tuttavia ad affermare il valore dell’esperienza sportiva non sono esclusivamente le istituzioni sportive il cui parere, sebbene autorevole, potrebbe apparire inquinato dall’autoreferenzialità.
A sottolineare l’imprescindibilità dello sport in tutte le sue declinazioni sono anche le istituzioni sovranazionali non sportive, penso ad esempio all’Unione Europea e al trattato di Lisbona entrato in vigore nel dicembre 2009. A partire da quella data l’UE è competente per lo sviluppo di politiche, nonché per la promozione della cooperazione e la gestione di iniziative a sostegno dell’attività sportiva in Europa.
Dal 2014, a supporto di tali azioni, è stata inserita una linea di bilancio nell’ambito del programma Erasmus+. L’attenzione al diritto allo sport e la destinazione di fondi ad esso dedicati, ha permesso ad associazioni, cooperative, organismi, enti, sportivi e non sportivi di lavorare insieme in partenariato. Un bacino di risorse economiche erogate secondo criteri severi per sviluppare progetti e stabilire reti internazionali attraverso cui poterli promuovere, valorizzare, diffondere. Un metodo rivelatosi estremamente efficace per creare opportunità, promuovere iniziative su tutte quelle …
