Stielike

Tema del potere eterno

Dirigenti sicuramente bravi, bravissimi. Ma al vertice da 20, 22, 30 anni. Stielike Plus a volo d’uccello sui regni infiniti di Petrucci, Binaghi, Barelli e Malagò, là dove non tramonta mai il sole

«Quando si esaurisce un rapporto è inutile andare avanti. Nelle ultime settimane il rapporto si era deteriorato. Il rapporto di un coach è diretto con il presidente, quando questo rapporto viene meno vuol dire che si è deteriorato»: così Gianni Petrucci, presidente della Fip, lo scorso 31 maggio spiegava i motivi della defenestrazione del ct della Nazionale maschile Meo Sacchetti, silurato pur avendo riportato alla pallacanestro azzurra una partecipazione olimpica e un orgoglio che parevano far parte del passato. Una decisione di imperio, peraltro pienamente nei poteri di un presidente federale, e Petrucci – che lo ha sostituito con Gianmarco Pozzecco – lo ha fatto a tre mesi dall’Europeo, raccontando poi, nel corso della presentazione del nuovo coach, una cosa e il suo esatto contrario in pochi secondi: «So che il momento di questa scelta forse non è ideale (…), ma ho ritenuto opportuno che questo fosse il momento giusto».

Ora, nello sport, come in tanti altri aspetti della vita, spesso la forma è sostanza. Non interessa qui entrare nel merito tecnico della scelta, né nelle motivazioni, evidentemente di carattere personale, eppure quanto accaduto in questo caso racconta in fondo in modo piuttosto chiaro una certa Italia. Quella del dirigismo, del potere perpetuo nelle mani delle medesime figure, dell’autocrazia che regna all’interno di determinate federazioni modellate a immagine e somiglianza dei rispettivi presidenti eterni, ognuno con i propri vassalli, valvassori e valvassini.

Petrucci, per dire. Cavaliere, commendatore, decorato di collare e stella d’oro al merito sportivo, già vicepresidente esecutivo della Roma, già commissario straordinario della Figc e dell’Aia, già sindaco di San Felice Circeo per un mandato, della Fip è stato segretario generale tra il 1978 e il 1985 a fianco del presidente Vinci e della stessa è diventato presidente nel 1992 (

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Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.