di Andrea Koveos
Disciplina antichissima quella del lancio del disco. Ne scrisse perfino Omero, insieme ad altre attività sportive che il grande poeta descrive nell’Iliade, in occasione dei giochi indetti da Achille per celebrare degnamente la morte di Patroclo. Pochi sanno che uno dei primi lanciatori del disco della storia fu Ulisse. Sì, proprio il signor Nessuno che sbarcato sull’isola dei Feaci – si racconta nell’Odissea – per fare bella figura con la giovane Nausicaa fece registrare una prestazione eccezionale. Considerando l’astuzia dell’Itacese c’è da scommettere però che avesse in qualche modo truccato la gara, dopo aver manomesso l’attrezzo.
Ma di questo trucco non ci sono prove concrete, e dunque, senza Var, potremmo tranquillamente decretare la vittoria dell’inventore del cavallo di Troia.
Generalmente nell’antichità si gareggiava al meglio di cinque lanci, e alcuni atleti raggiunsero distanze davvero notevoli. Certo non sappiamo quanto di preciso pesasse l’attrezzo, ma qualche ipotesi la possiamo fare. Nelle competizioni nazionali greche, i dischi di bronzo venivano offerti in dono come ex-voto alle maggiori divinità. Uno di questi, rinvenuto in Sicilia e conservato nel British Museum di Londra, ha il diametro di 22 centimetri e porta incisa sopra una faccia la figura di un atleta che si prepara al salto.
Sulle tecniche di lancio invece, si può essere più precisi. L’atleta, dopo aver impugnato il disco, procedeva, come accade anche oggi, in una piazzola di tiro, praticando dei movimenti molti diversi da quelli attuali. Si sollevava il disco all’indietro per un quarto di giro tenendo il braccio disteso, si inarcava poi su sé ste…