In principio era il vincolo e il vincolo era un dio o qualcosa di simile. Cos’era il vincolo? Il figlio legittimo della norma secondo la quale, in Italia, un calciatore tesserato per un club sostanzialmente apparteneva a quel club e, quando quest’ultimo decideva di cederlo, doveva accettare la destinazione. Ricordatelo magari a chi dedica epinici al calcio romantico in modalità memoria selettiva. Di certo, quello era un mondo nel quale, di fatto, i procuratori non esistevano.
Poi arrivò l’Aic, il sindacato calciatori, le cose iniziarono a muoversi alla fine degli anni Sessanta, anche se poi cambiarono solamente tra il 1978 – quando prima, a gennaio, l’allora Commissione della Cee impose di levare ogni ostacolo alla libera circolazione dei calciatori dalla stagione 1979-80, quindi a maggio l’Aic riuscì a imporre la firma contestuale del calciatore per l’accettazione dei trasferimenti – e il 1981, anno della legge che riformò lo sport, appunto la 91/81 che, tra le altre cose, sancì la fine del vincolo così come lo si era conosciuto sino a quel giorno di marzo. Però, a quel punto, i procuratori c’erano già perché qualcuno, evidentemente scaltro, aveva capito che poteva nascere un nuovo ruolo, quello di intermediario. Così come accade in diversi mestieri, c’è chi si prende la primogenitura, vera o apocrifa che sia, e in questo caso è quella di un personaggio discusso e discutibile – chiedete ai tifosi del Modena – ma sicuramente lungimirante, almeno ai tem…