C’è, eccome se c’è, ma è come se non ci fosse. Certo, a volte si prende pure le prime pagine, ma solo quando proprio non si può fare altrimenti (Olimpiadi) o sfruttando l’eco mediatica di qualche figura vincente e di impatto (Pellegrini, Goggia, Vio, Egonu ma quest’ultima spesso per motivi strumentali): gli sport femminili, su base quotidiana, per gran parte delle testate specializzate nazionali vengono raccontati nei colonnini delle brevi, se va bene ogni tanto ottengono la dignità di un articolo. Anche per questo Giorgia Bernardini, curatrice di Zarina, la newsletter mensile sullo sport femminile, è la persona adatta con la quale tentare di analizzare i motivi per i quali nel contesto giornalistico italiano lo sport femminile sostanzialmente non ha cittadinanza.
Nell’idea di Zarina lo sport femminile serve anche a parlare d’altro, del mondo che c’è intorno, e del resto Bernardini – siciliana d’origine che vive tra la Germania e l’Italia – neppure si definisce giornalista, pur lavorando da sempre con le parole. Ma se Zarina nacque nel 2020 da un’esigenza personale e oggi sfiora il migliaio di iscritti, significa anche che in qualche modo ha riempito un vuoto. «In effetti in Italia la situazione in questo senso è abbastanza drammatica: i luoghi mainstream in cui si scrive di sport quello femminile non lo trattano e, quando se ne occupano, lo fanno con superficialità o, peggio, cadono in una retorica che in fondo sminuisce ciò che fanno le donne», spiega lei che lo spazio se l’è dovuto inventare «perché non lo faceva nessuno. È la risposta a una domanda che io stesso mi ero fatta, è diventata per me una missione».