«Importante non è vincere, ma partecipare». I Greci avrebbero sorriso a una frase del genere, poiché la cultura occidentale è fondata sul principio, greco, che si deve essere primi a ogni costo. Nella rubrica Pancrazio Andrea Koveos racconterà ogni mese lo sport praticato nell’era classica con qualche riferimento alla storia contemporanea.
di Andrea Koveos
Che la maratona si chiami così in ricordo dell’epica battaglia dei Greci contro i Persiani non c’è alcun dubbio. Sull’origine della distanza, invece, le teorie sono diverse così come è opinabile la storia del protagonista di quella corsa: Filippide. Riavvolgiamo allora il nastro e prepariamoci al nostro primo viaggio nel passato della rubrica Pancrazio. Torniamo al 490 avanti Cristo.
Nella storia raccontata da Erodoto, Filippide era un emerodromo, emissario dei generali che trasmetteva messaggi in tutta la Grecia. Questi soldati dovevano saper percorrere anche 100 chilometri in poche ore, correndo appunto tra un fronte e l’altro. Nell’occasione divenuta poi leggendaria Filippide in realtà non percorse solo la distanza tra Atene e Maratona, circa 50 chilometri, ma ne percorse ben 500 in 48 ore (da Maratona a Sparta andata e ritorno). Altro che 42 chilometri, avete letto bene: furono 500 e senza nemmeno le scarpette adatte al tartan.
La qual cosa è possibile, come del resto hanno dimostrato alcuni atleti che recentemente hanno rifatto la stessa strada dell’oplita. La leggenda vuole che il mitico Filippide abbia trovato la morte al completamento della missione, nel momento solenne in cui si ritrovò a riferire il messaggio della vittoria, ma anche su questo le fonti non concordano. Per alcune il soldato non morì affatto in quel contesto, anzi campò cent’anni.
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