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2026, quando l’Italia ritroverà il Mondiale. E l’America

Tre Paesi, 16 città, 48 squadre: dal Mondiale opulento ma ristretto del Qatar al gigantismo di Usa, Canada e Messico. La Fifa pronta a un ulteriore cambio di passo

Road to United 2026, adesso per l’Italia non c’è altra soluzione. Servirà del talento per non qualificarsi: sarà il primo Mondiale a 48 squadre, e rappresenterà tutto ciò che la nostra Nazionale si perderà il prossimo autunno. Ma che Mondiale sarà quello che tornerà negli Stati Uniti (che lo organizzeranno insieme a Messico e Canada) a 32 anni di distanza da Usa 94?

United 2026 rappresenterà, sotto il profilo filosofico e logistico, esattamente l’opposto di Qatar 2022 sotto l’aspetto politico, sociale, logistico. I primi due aspetti sono intuitivi, ma quest’ultimo ancora di più: si passerà da un Mondiale in cui la distanza nord-sud tra le città sedi di gara non supera gli 80 km (da Al-Khor ad Al-Wakrah) e quella est-ovest è praticamente irrilevante, agli oltre 4 mila chilometri che separano Edmonton da Città del Messico, i poli a nord a sud, ma sono più di 3 mila anche quelli che dividono San Francisco da Boston, l’estremo più a ovest e quello più a est. Si passerà insomma da un’organizzazione all’interno di una sostanziale metropoli diffusa – anche per questo Infantino da ottobre vive in Qatar – a una caratterizzata dalla necessità di volare da una città all’altra. United 2026 appunto: Stati Uniti, Messico e Canada, la prima edizione a tre della storia, la più affollata, quella che potrebbe nuovamente consentire…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.